mercoledì 28 ottobre 2009

APPELLO PER LA MANIFESTAZIONE UNITARIA CONTRO POLITICHE DEL GOVERNO BERLUSCONI

La crisi economica sta determinando una sofferenza sociale sempre maggiore. L’aumento della precarietà, la perdita di posti di lavoro, salari e pensioni con cui si fatica ad arrivare a fine mese sono il panorama comune a tutto il Paese. Il Governo invece di intervenire per risolvere questa situazione la aggrava con tagli alla spesa sociale e all’istruzione, con la compressione di salari e pensioni di cui l’attacco al contratto nazionale di lavoro è solo l’ultimo atto. Inoltre, questo Esecutivo si adopera a fomentare la guerra tra i poveri con provvedimenti razzisti e xenofobi sull’immigrazione.
Come se non bastasse, il Governo ha varato provvedimenti come lo scudo fiscale che legalizzano l’evasione fiscale e il malaffare, ha stanziato una quantità enorme di denaro per le banche, per l’acquisto di cacciabombardieri e per grandi opere inutili come il ponte sullo stretto di Messina.
Il Governo contribuisce, quindi, ad aggravare la crisi, difende i poteri forti e parallelamente si adopera per demolire la democrazia italiana portando a compimento la realizzazione del piano della P2 di Licio Gelli. Le proposte di manomissione della Carta Costituzionale si accompagnano ad una quotidiana azione di scardinamento della Costituzione materiale, al tentativo di mettere il bavaglio alla libera informazione, di limitare l’autonomia della Magistratura, di snaturare il ruolo del sindacato e di ridurre al silenzio i lavoratori.
Per contrastare quest’operazione che è allo stesso tempo antidemocratica, fascistoide e socialmente iniqua, riteniamo necessario costruire una risposta politica generale, forte e unitaria. Siamo impegnati a costruire un’opposizione di massa per ripristinare la democrazia nel paese e nei luoghi di lavoro e che obblighi il Governo a cambiare la politica economica e sociale. Ecco perché chiediamo le dimissioni di Berlusconi anche alla luce della sua manifesta indegnità morale a ricoprire l’incarico di Presidente del Consiglio.
E proponiamo a tutte le forze di opposizione di convocare per il prossimo 5 dicembre una manifestazione unitaria contro la politica del Governo e per le chiedere le dimissioni del Presidente del Consiglio.
Antonio Di Pietro IdV
Paolo Ferrero PRC

giovedì 22 ottobre 2009

COMUNICATO STAMPA PRC-SE Federazione Prov. di Macerata sul Rigassificatore di Porto Recanati

La comunità Portorecanatese sta vivendo negli ultimi periodi un concitato momento di preoccupazione per quanto riguarda il progetto di istallazione nel proprio comune di un rigassificatore di gas naturale liquido.
In merito a tale avvenimento riteniamo sia necessario fare chiarezza. Come è risaputo la Società “Gaz de France Italia” ha inoltrato una richiesta per l’istallazione di un impianto offshore al largo della costa Portorecanatese al Ministero dello Sviluppo Economico. Il Ministero dell’Ambiente ha poi dato parere positivo per la Procedura di Impatto Ambientale di competenza Statale. La situazione così descritta è passata poi negli uffici tecnici regionali dove sono state richieste integrazioni sulla documentazione presentata dalla GDF per le opportune valutazioni. Il 5/11/09 come già anticipato da alcuni giornali locali si concluderà il procedimento di competenza della Regione Marche ed è stata quindi convocata, come richiesto dalla legge, la conferenza dei servizi, preceduta in data 22/10/09 da un incontro tecnico convocato per raccogliere i contributi specifici di ARPAM, Corpo Forestale dello Stato e delle altre strutture regionali coinvolte. Ormai da tempo la popolazione locale vive in malo modo tale prospettiva tanto da far richiedere da più parti una informazione maggiore e dettagliata sul rigassificatore e da ultimo far nascere comitati cittadini contro l’installazione dell’impianto. Nella nostra piena consapevolezza che non esiste un piano energetico ambientale nazionale (gravissima carenza alla quale il Governo Berlusconi non è neppur lontanamente intenzionato a mettere fine) che possa razionalizzare la costruzione e la locazione di questi tipi di impianti e che la Regione Marche è chiamata a recepire un ordinamento di carattere superiore e a elaborare scelte esclusivamente di valutazione tecnica su tale progetti, ci chiediamo come l’Amministrazione locale possa essersi estraniata fino ad ora da qualsiasi valutazione riguardante le reali esigenze del territorio! E’ grave e increscioso il gioco del rimpallo delle responsabilità “su quell’ente o quel tecnico”. E’ altrettanto grave il tentativo di minimizzare la problematica e rimandarla in maniera poco seria ad un “tubo” di pochi centimetri come da dichiarazioni del Sindaco Ubaldi. Il Comune di Porto Recanti siederà al tavolo della conferenza dei servizi come organo amministrativo PARITARIO insieme alle altre Amministrazioni interessate e dalla sua volontà o meno di concessione del territorio comunale per il gasdotto si deciderà la sorte dell’impianto. E’ incomprensibile e preoccupante come l’Amministrazione portorecanatese sia del tutto impreparata ad un cambio di destinazione economica e sociale che potrebbe portare l’istallazione di un apparato industriale di tale portata in un Comune che parallelamente a tutta la comunità della bassa riviera del Conero vive di turismo, commercio e pesca. Tale scelta dovrà essere più che ponderata, più che studiata, più che condivisa con la popolazione! Nelle nostre preoccupazioni e nelle nostra precisa critica c’è una profonda contrarietà ad un dirigismo politico che troppo spesso crea fratture insanabili tra le popolazioni locali e le realtà amministrative e che vede il cetro-destra primeggiare per spudoratezza ed arroganza.
Che il sindaco Ubaldi e la sua parte politica diano precise risposte e che la smettano di tergiversare sulle loro decisioni mortificando la comunità costiera Maceratese e non solo.
Luciano Pantanetti
Segretario provinciale PRC-SE
Luca Falaschini
Segretario circolo PRC Porto Recanati

La Regione Marche stanzia nuove risorse economiche per il risanamento dell'Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale.

Sono in arrivo nuove risorse finanziarie per l'attuazione del Piano di risanamento dell'Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale (AERCA) di Ancona, Falconara e della bassa Valle dell'Esino.Il fondo previsto per l'attuazione degli interventi ammonta complessivamente a 240 mila euro. Per l'assegnazione delle risorse sono stati avviati una serie di incontri con gli enti locali che ricadono nell'AERCA, durante i quali sono state presentate alcune richieste da parte degli enti interessati. Dopo l'indagine epidemiologica, la recente istituzione dell'Osservatorio Epidemiologico Ambientale, le modifiche alla legge istitutiva dell'ARPAM per consentire una maggiore operatività in tema epidemiologico, questa assegnazione di risorse rappresenta un ulteriore segnale di attenzione verso questo territorio. Un impegno che abbiamo preso e concretizziamo nei fatti a favore di chi paga le conseguenze di danni ambientali. Quindi, per soddisfare le legittime richieste si è cercata la disponibilità di altre somme. In particolare, 100 mila euro dai contributi agli enti locali per lo sviluppo sostenibile, più altri 88.397,22 euro derivanti da economie del Programma ASSO per il 2009. Queste risorse potranno così essere destinate al Piano di risanamento dell'AERCA, come stabilito dalle linee di indirizzo per l'utilizzo dei fondi.In questo modo con le somme complessivamente rese disponibili, pari a 428.397,22 euro, sarà possibile dare piena attuazione ai fabbisogni segnalati in sede di concertazione dagli enti locali ricadenti in AERCA.
Marco Amagliani
Assessore all’Ambiente della Regione Marche

sabato 17 ottobre 2009

COSTITUZIONE, IL FASCISTA BERLUSCONI VUOLE AFFOSSARLA. PROPONIAMO UNA GRANDE MANIFESTAZIONE A DIFESA.

La Costituzione italiana è stata scritta insieme dai partiti politici che hanno combattuto e sconfitto il fascismo, condotto la lotta di Resistenza, promosso e vinto il referendum costituzionale per la Repubblica. Berlusconi, che è un fascista, un golpista e un amico di mafiosi ed evasori fiscali, vuole riscriverla da sola e pure a maggioranza la Costituzione al puro fine di stravolgerla, svuotarla e superarla.
Ecco perchè proponiamo a tutte le forze dell’opposizione democratica di dare vita, e al più presto, a una grande manifestazione in difesa della Costituzione, della democrazia repubblicana e a favore della giustizia sociale e dei diritti dei lavoratori contro questo tentativo apertamente e dichiaratamente fascista e golpista.
Paolo Ferrero
Segretario nazionale PRC-SE

giovedì 15 ottobre 2009

PERCHE' IL PD NON ATTACCA BERLUSCONI?

«Sarebbe sbagliato trarre conseguenze politiche dalla sentenza della Consulta». Tradotto: le vicende giudiziarie di Berlusconi non riguardano il governo, casualmente da lui presieduto. Quindi tutto deve filare liscio (si fa per dire) indipendentemente dalla bocciatura del lodo Alfano. Che questa sia la linea del governo, della maggioranza e della Confindustria si capisce. Ma perché la sostiene anche il principale partito dell’opposizione (le parole tra virgolette sono state pronunciate mercoledì 7 ottobre, a botta calda, da Massimo D’Alema e riflettono la posizione di tutto il gruppo dirigente democratico)? Perché il Pd non bastona il cane che affoga, approfittando del fatto che l’immagine di Berlusconi vacilla anche tra gli elettori del centrodestra, in gran parte ostili alle sue pretese di impunità?Potrebbe trattarsi di un’astuzia tattica: un affondo precipitoso potrebbe paradossalmente attenuare i contraccolpi della bocciatura del lodo, meglio che Berlusconi rosoli a fuoco lento o si sotterri da solo, vittima del proprio incontrollato furore. Un’altra risposta è quella formulata da Andrea Fabozzi qualche giorno fa sul manifesto: il Pd sostiene il governo in attesa di tempi migliori perché, nonostante tutto, teme il responso delle urne in caso di elezioni anticipate. Forse però è possibile anche una terza ipotesi. Per argomentare la quale è necessario fare qualche passo indietro, ragionare su quanto è accaduto in Italia nei primi anni Novanta.Dalle inchieste di Mani pulite trasse vigore una spinta «riformatrice» che da una parte modificò la legge elettorale in chiave maggioritaria, avviando la semplificazione bipolare della rappresentanza, dall’altra determinò la personalizzazione della contesa politica, inoculando nel sistema il germe del presidenzialismo e favorendo l’aumento di potere dell’esecutivo e del suo «capo» rispetto agli altri organi costituzionali.Si agì a ragion veduta. Sin dagli anni Ottanta ci si lamentava di un presunto deficit di governabilità. Oggi – di fronte alle intemperanze di Berlusconi – si invoca la logica dei pesi e contrappesi. Ma in quegli anni prevalse la convinzione che fosse indispensabile squilibrare i rapporti di forza a favore del governo. Non solo rispetto al parlamento, «nemico dell’efficienza». Con ogni probabilità, si intese anche precostituire una difesa contro la magistratura, il cui dinamismo era percepito come una minaccia dagli stati maggiori dei partiti. Anche a questo proposito pensare ai guai giudiziari di Berlusconi non facilita la ricostruzione. Lo scontro tra politica e magistratura è esploso per la sua ferma volontà di sottrarsi ai processi, ma fu innescato dalla preoccupazione di difendere la politica (e in particolare i governi) da un potere di controllo minaccioso perché indipendente. Quanto al maggioritario, pesò certamente il provincialismo anglofilo di alcuni settori intellettuali, ma fu decisiva la volontà di sbarazzarsi delle forze minori (a cominciare da Rifondazione comunista), che intralciavano l’omologazione del Paese al modello politico e sociale delle «grandi democrazie occidentali».In questo clima, quindici anni fa, mosse i primi passi la «seconda Repubblica». Il presidenzialismo all’italiana avviò lo svuotamento della Costituzione, concepita a garanzia della centralità del parlamento e dell’equilibrio tra poteri indipendenti. E il processo è andato così in là che oggi nessuno si stupisce se il presidente della Camera teorizza l’illegittimità costituzionale di un cambio di maggioranza (presto detto «ribaltone») e persino di un cambio di premiership. Sospinto da possenti interessi, il «nuovo» ha vinto, benché la riduzione del parlamento a organo consultivo del governo (o di ratifica delle sue decisioni) costituisca un palese stravolgimento della lettera e dello spirito della Carta. Il bello è che si finge di non vedere che, su queste basi, ha ragione chi difende il lodo Schifani-Alfano nel nome della primazia del «capo del governo» e della sua superiore legittimazione. Ad ogni modo, finché è la destra ad affermare la centralità dell’esecutivo e a spingere verso il presidenzialismo, i conti tornano. Ma tali posizioni – questo è il punto – sono state sostenute anche dalle forze del centro-sinistra, che hanno combattuto con ardore per la trasformazione del sistema in senso bipolare-presidenzialistico. Ora, se questa circostanza non è facile da spiegare di per sé (considerati i principi che, in teoria, strutturano la cultura democratica di un Paese passato attraverso il fascismo e la partecipazione popolare a una lotta di liberazione), comprendere l’adesione entusiastica del centro-sinistra al modello bipolare-presidenziale appare poi addirittura improbo, ove si tenga presente un aspetto decisivo del panorama politico in cui ebbero luogo le vicende che abbiamo richiamato. Questo aspetto si chiama precisamente Silvio Berlusconi. Il quale, già protagonista della scena economica e mediatica («l’antennuto» lo definì allora Vittorio Feltri), irruppe sulla scena politica del Paese nel ’93 con un fragoroso endorsement a favore di Fini in corsa per il Campidoglio. E subito dopo mobilitò la sua possente macchina comunicativa per dare la scalata a palazzo Chigi.Al cospetto di un personaggio con queste caratteristiche, in particolare l’opzione del gruppo dirigente del Pds a favore di «riforme» che accrescevano il potere di un «capo del governo» in qualche modo eletto direttamente dal popolo è a prima vista inspiegabile. Sembra frutto di diabolica pervicacia o di marchiani errori di previsione. Può essere. Come può darsi che oggi, di fronte alle conseguenze di tanto avventurismo, la paura paralizzi quanti allora imboccarono quella strada. Ma tale ipotesi non spiega perché non si sia mai voluto riconsiderare quelle scelte, nonostante i loro disastrosi effetti. Non spiega perché, già nel ’94, il Pds abbia salvato una prima volta Berlusconi, impedendo l’applicazione della legge che lo dichiarava ineleggibile; perché l’on. D’Alema – reduce da una calorosa visita alla Mediaset – abbia poi imbastito la partita della Bicamerale per cementare un’intesa privilegiata con il capo della destra (come farà ancora nel 2007 Veltroni, decretando la brusca fine della scorsa legislatura); perché – stando alle candide ammissioni dell’on. Violante – siano state subito date a Berlusconi piene garanzie circa la proprietà e il controllo delle sue reti televisive; e infine perché, in sette anni di governo, il centro-sinistra non abbia trovato il tempo di legiferare in materia di conflitti d’interesse. Dare una risposta a questi interrogativi è difficile, ma è indispensabile per capire la (mancata) reazione del Pd alla sentenza della Consulta. È difficile, ma non impossibile, purché si revochi in dubbio un presupposto apparentemente indiscutibile. Si tratta di non dare per scontato che i principali avversari di Berlusconi siano sempre e comunque impegnati nel tentativo di sconfiggerlo e di impedirgli di governare. Sia chiaro: non occorre evocare raptus masochistici né complotti o vicende corruttive. È sufficiente ipotizzare che per vincere la guerra si sia ritenuto utile perdere qualche battaglia: un calcolo arrischiato, ma non necessariamente irragionevole (in modo non dissimile il padronato italiano ha puntato talvolta sulla sinistra per conciliare sacrifici e pace sociale). Soprattutto quando non ci si combatte in nome di progetti tra loro incompatibili.Su quest’ultimo aspetto, si converrà che – depositatosi il polverone sollevato dalle baruffe tra politici – emerge un insieme di obiettivi «modernizzanti» che in questi quindici anni i due schieramenti hanno perseguito in sostanziale concordia: sul piano sociale, l’imposizione della «Costituzione neoliberista» e la redistribuzione di ricchezza a vantaggio del capitale; sul piano istituzionale, il bipolarismo dell’alternanza e il taglio delle estreme; in politica estera, l’adesione al paradigma di Maastricht e la partecipazione alle «guerre democratiche». La condivisione di questo programma, nel quadro di quello che potremmo definire un bipolarismo consociativo, abolisce forse il conflitto tra destra e centro-sinistra? No, ma lo ridefinisce nei termini di una competizione tra settori di classe dirigente (tra «nomi propri»), che contempla una sorta di torbida solidarietà. Si compete, ma non si mira alla secca sconfitta dell’avversario. Si vuol vincere ma non stravincere, non escludere l’altro, senza il quale crollerebbe il prezioso impianto bipolare (con la spiacevole conseguenza di rafforzare posizioni non «compatibili»). Si tiene a svolgere un ruolo determinante, ma in un contesto di collaborazione. Che non consente di affondare il colpo sull’avversario in difficoltà, anzi impone di farsi carico della sua salvezza.Alla luce dei disastri verificatisi in questi non lievi lustri, tale ipotesi appare indubbiamente bizzarra. Se guardiamo allo stato comatoso dell’Italia e alla rovina della sua immagine internazionale, stentiamo a credere che i gruppi dirigenti del centro-sinistra abbiano potuto anche solo prendere in considerazione l’idea di collaborare con la destra, con questa destra, guidata da questo personale politico. Ma i fatti che abbiamo ricordato vanno pur spiegati, tenendo presente che sull’ultimo quindicennio e sull’attuale condizione del Paese il giudizio del centro-sinistra non è certo altrettanto severo quanto quello che si suole formulare da parte della sinistra di alternativa. Del resto, non meraviglia che noi «genti meccaniche» si stenti ad apprezzare una strategia tanto sofisticata. L’alta politica è un’arte esoterica. Richiede fantasia e creatività, e doti non comuni di intuito e di lungimiranza. Qualcuno ricorda, per caso, il «dalemone»?
da Il Manifesto del 15/10/09
Albero Burgio
direzione nazionale PRC-SE

mercoledì 14 ottobre 2009

La Regione Marche aderisce alla manifestazione nazionale “NO AL RAZZISMO”

Amagliani: “Dare voce all’Italia dei diritti per contrastare la xenofobia”.
La Regione Marche ha aderito ufficialmente alla manifestazione nazionale ‘NO al RAZZISMO’. L’assessore regionale ai Servizi sociali, Immigrazione e Cooperazione allo sviluppo Marco Amagliani parteciperà, sabato 17 ottobre, alla mobilitazione in programma a Roma. La manifestazione è promossa da numerosi soggetti dell’associazionismo, del sindacato e della politica. È stata indetta anche per ricordare l’omicidio, di matrice razzista, del rifugiato sudamericano Jerry Essan Masslo, avvenuto, a Villa Literno, il 24 agosto 1989. “A vent’anni di distanza - afferma Amagliani - il razzismo non è stato sconfitto. Anzi è stato alimentato e legittimato con un’operazione culturale di cui tutti abbiamo sottovalutato la portata. La legge 94 e il pacchetto sicurezza, promossi e approvati dalla maggioranza che sostiene il Governo Berlusconi, rappresentano un salto di qualità verso la criminalizzazione generalizzata di tutti i migranti. Gravissima è, inoltre, l’attuale politica di respingimenti che, oltreché sconcertante sotto il profilo etico, si pone in contrasto con il diritto d’asilo, costituzionalmente garantito, e con numerose normative internazionali e comunitarie”. Secondo Amagliani, “occorre dar voce all’Italia dei diritti e del diritto, per impedire la deriva non solo razzista e xenofoba, ma anche antidemocratica di questo Paese. La manifestazione del 17 ottobre rappresenta un importantissimo appuntamento per imprimere una svolta a questa deriva”. Numerose associazioni e organizzazioni presenti nelle Marche (tra gli altri, Anpi, Arci, Cgil, Consiglio italiano rifugiati) hanno sollecitato l’adesione della Regione, “per sostenere e favorire la più ampia partecipazione dei cittadini marchigiani”.

OMOFOBIA, PER LA MAGGIORANZA TEOCRATICA E FONDAMENTALISTA DI OGGI PROVO SOLO VERGOGNA!

Mentre una bella ricerca dell’Eurispes, resa nota oggi, descrive le condizioni di vita del mondo del lavoro, parla di salari, delle opinioni sul nucleare, e rende chiaro a tutti che ben il 58,9% degli italiani considera l’omosessualità una forma d’amore come tante altre, oltre che dimostrare una volta per tutte come la maggioranza degli italiani è favorevole al riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, il Parlamento italiano e la sua maggioranza teocratica edi centrodestra, rafforzata in questo caso dai crociati del Vaticano dell’Udc, dimostra apertamente tutta la propria, farisaica e illiberale, omofobia, respignendo una legge che voleva punire atti e gesti omofobi.
Per questa maggioranza e questi comportamenti parlamentari, rafforzati - cosa ancora più grave - dal comportamento nel voto di diversi esponenti del Pd, non ho che una sola parola: vergogna, vergogna, vergogna.Rifondazione comunista continuerà a lottare, come da ultimo ha fatto sabato scorso scendendo in piazza, a partire da me e insieme a tutto il mio partito, a Roma con l’Arcigay, al fianco dei movimenti omosessuali, per i diritti di tutte e tutti.
Paolo Ferrero
Segretario nazionale PRC-SE

lunedì 12 ottobre 2009

RIFORME: PD non abbocchi all'amo del governo. Berlusconi è quello della P2

Questo governo golpista e razzista vuole soltanto proseguire imperterrito sulla strada della distruzione della Costituzione e dell’indipendenza dei poteri, dalla magistratura all’informazione, solo che dopo settimane di scontri aperti oggi cambia idea e così si “scopre” che vorrebbe farlo con altri metodi più soft, addirittura attraverso l’amo - offerto con un cambio di stratregia troppo repentino per non essere sospetto all’opposizione parlamentare, Pd in testa - delle riforme istituzionali, da fare “insieme”.
Berlusconi e il suo governo golpista vogliono soltanto andare avanti, magari persino con il placet dell’opposizione, nella loro azione di sistematica demolizione della Costituzione e del bilanciamento tra i poteri. Il Pd non può né deve prestarsi ad un’operazione tanto bieca quanto scoperta. Vorrebbe solo dire dare una mano a Berlusconi e al suo Piano di Rinascita Democratica trent’anni dopo, e cioè alla Nuova P2.
Paolo Ferrero
Segretario Nazionale PRC-SE

sabato 10 ottobre 2009

Dichiarazione unitaria della Federazione: “CHIEDIAMO A TUTTE LE OPPOSIZIONI UN'INIZIATIVA COMUNE PER LE DIMISSIONI DI BERLUSCONI”

“Ci rivolgiamo a tutte le forze dell’opposizione per un’iniziativa comune a sostegno della richiesta delle dimissioni del Presidente del Consiglio.La grave questione democratica aperta nel paese consiste nella pretesa del Presidente del Consiglio di far valere la propria volontà al di sopra e contro le istituzioni e le regole della democrazia. Questa pretesa ha acquistato inauditi caratteri di sopraffazione nell’intimidazioni e nelle offese rivolte in questi giorni alla Corte Costituzionale e allo stesso capo dello Stato.E’ intollerabile che si pretenda di mettere a tacere le istituzioni di garanzia (dalla presidenza della Repubblica alla magistratura costituzionale e ordinaria, la libera stampa), che sono previste dalla carta fondamentale e da tutti i sistemi democratici proprio per controllare e se nel caso criticare chi detiene il potere politico di governo.La richiesta delle dimissioni e un’iniziativa comune delle opposizioni sono altresì necessarie per porre all’attenzione del paese la gravità della questione sociale e della democrazia anche nei luoghi di lavoro. Proponiamo pertanto la convocazione di una manifestazione nazionale che ponga al suo centro la questione democratica e la giustizia sociale”.
Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto, Cesare Salvi, Gianpaolo Patta.

giovedì 8 ottobre 2009

FEDERAZIONE DELLA SINISTRA D'ALTERNATIVA (FERRERO-DILIBERTO-SALVI-PATTA): BERLUSCONI SI DIMETTA, SI VADA SUBITO AD ELEZIONI ANTICIPATE

Adesso Berlusconi, il corruttore dell’avvocato Mills, si dimetta e si vada subito a nuove elezioni anticipate. Rispetto alle quali proponiamo a tutte le forze democratiche di dare vita a una brevissima legislatura di garanzia costituzionale che approvi la legge sul conflitto d’interessi, cancelli le misure sulla giustizia approvate dal governo Berlusconi e vari una legge elettorale proporzionale che superi l’attuale “legge truffa”, legge che regala a un Berlusconi e a un centrodestra minoritari nel Paese la maggioranza dei parlamentari.


A difesa della Costituzione della Repubblica, giovedì 8 ottobre, tra le 17.30 e le 19.00, la Federazione della Sinistra organizza presidi davanti alle Prefetture chiedendo le dimissioni del capo del Governo.

mercoledì 7 ottobre 2009

FERRERO, PRC: LODO ALFANO, BENE LA CONSULTA. BOSSI LASCI PERDERE. NON CI FAREMO INTIMIDIRE DA CIARLATANI COME LUI!

Plaudo alla decisione della Corte costituzionale che ha bocciato totalmente e senza possibilità d’appello il cosiddetto “lodo Alfano”, in quanto vìola il principio di uguglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Alla Corte va il plauso di tutti i sinceri democratici del nostro Paese che hanno bocciato senz’appello una legge vergognosa e illegittima che voleva cercare di salvare la faccia e le fortune, costruite sul malaffare, del nostro Premier e di tutti gli altri potenti che pensano di poter essere e comportarsi impunemente da corruttori e mafiosi come fa Berlusconi.
A Bossi, che minaccia il ricorso al popolo, ci limitiamo a dire di lasciar perdere e di non svegliare il cane che dorme. Troppi partigiani, uomini e donne, sono morti per costruire una Repubblica libera e democratica come quella italiana, che si basa e si regge sulla sua Costituzione, per potersi fare spaventare - loro e i loro discedenti, cioè tutti noi - da quattro ciarlatani alla cui testa si vogliono mettere eversori e corruttori.
Paolo Ferrero
Segretario Nazionale PRC-SE

martedì 6 ottobre 2009

SCUDO FISCALE – FERRERO: “FIRMA NAPOLITANO GRANDE DELUSIONE ED ERRORE: E’ AMNISTIA”

“Nel più assoluto rispetto delle prerogative del Capo dello stato, attraverso l’annuncio della firma che trasformerà in legge lo scudo fiscale il presidente Giorgio Napolitano dà una delusione davvero grandissima non solo a Rifondazione comunista e alla sinistra, ma ai tantissimi italiani onesti e coscienziosi che si aspettano dalle autorità istituzionali la tutela rigorosa dei principî costituzionali e della legalità.
Nello stesso momento in cui – di fronte alla tragedia annunciata di Messina – il capo dello stato formula il richiamo più appropriato circa l’esigenza di anteporre la sicurezza del territorio e dei cittadini alla politica del fasto e delle grandi opere, l’annuncio della firma per la scudo fiscale non trova invece alcun suffragio concreto e risulta quasi contraddittorio. Pr quanto il Quirinale sostenga un’opinione diversa, lo scudo fiscale si prospetta come amnistia a tutti gli effetti; di conseguenza anche l’approvazione a maggioranza semplice è stata del tutto incostituzionale.
Continuare a fare condoni continua a alimentare il fatto che a pagare le tasse sono sempre gli stessi, i pensionati e i lavoratori; mentre i ricchi non le pagano perché ogni tot anni sanno già che pagano il due per cento.
I cittadini hanno bisogno del presidente che esorta a investire nella sicurezza anziché nelle grandi opere, non di quello che dà il via libera allo scudo fiscale: hanno bisogno del rigore e la tutela rispetto a interessi forti e particolari da parte delle massime cariche dello stato”.
Paolo Ferrero
Segretario nazionale PRC-SE

venerdì 2 ottobre 2009

REGIONE MARCHE. ISTITUITO L’OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO AMBIENTALE.

Una nuova struttura interdipartimentale opererà tra Sanità e Ambiente. E' l'Osservatorio Epidemiologico Ambientale (OEA) ufficialmente istituito con deliberazione, approvata dalla giunta regionale nel corso dell'ultima. L'Osservatorio, collegato alla Rete Epidemiologica delle Marche, sarà reso operativo attraverso un accordo tra l'Agenzia Regionale Sanitaria e l'ARPAM (Agenzia per la protezione ambientale) dove troverà sede nella fase di avvio, con personale del Servizio di epidemiologia Ambientale del dipartimento provinciale di Ancona. L'OEA avrà competenza su tutto il territorio regionale per il controllo di qualità dei dati ambientali e sanitari, la gestione del data base epidemiologico ambientale, la valutazione del rischio sull'inquinamento ambientale, la sperimentazione di forme di sorveglianza sanitaria e ambientale delle popolazioni residenti in siti inquinati, nonché, tra gli altri compiti, la conduzione di studi di epidemiologia a livello regionale.
Con questo fondamentale strumento di monitoraggio permanente si chiude un cerchio e soprattutto si rimette al centro dell'attenzione la valutazione sanitaria dei rischi ambientali. Ma c'è un ulteriore motivo di soddisfazione, che sta nella concretizzazione di tutti gli impegni presi con i cittadini in sede di presentazione dei dati dell'indagine effettuata dall'ARPAM e Istituto dei Tumori di Milano in tre comuni dell'area ad alto rischio ambientale. Siamo ora nelle condizioni di disporre del quadro completo di strumenti operativi necessari per un'azione su tutto il territorio regionale, finalizzata ad una prevenzione più efficace e rapida che è sicuramente il più valido alleato di politiche non solo ambientali, ma anche sanitarie avanzate. Dopo le prime due fasi dell'indagine epidemiologica che hanno messo in rilievo l'insorgenza di patologie tumorali legate all'esposizione a sostanze nocive disperse nell'aria, la realizzazione del Registro dei Tumori, la proposta di legge approvata prima dalla giunta e ora licenziata anche dalla Commissione consiliare per l'integrazione alla legge istitutiva dell'ARPAM che consentirà ai rilevatori delle indagini di essere garantiti rispetto ai limiti posti dalle leggi in materia di protezione dei dati personali, si potrà ora concludere anche la terza fase dell'indagine epidemiologica sui Comuni di Falconara, Montemarciano e Chiaravalle. Quella che ci permetterà di stabilire i parametri certi per ridurre od eliminare i rischi comprovati, con un unico obiettivo: tutelare la salute pubblica e il futuro delle nuove generazioni.
Marco Amagliani
Assessore all’Ambiente della Regione Marche

Giacomo Russo Spena intervista Paolo Ferrero su il Riformista del 29 settembre 2009

PAOLO FERRERO. Il segretario di Rifondazione analizza il crollo socialista e rilancia il progetto di un cartello che raggruppi tutte le forze della sinistra (senza PD).
“Il successo della Linke e il contestuale crollo della Spd confermano non solo l’esigenza, ma l’utilità del progetto di una sinistra di alternativa e pacifista”: il voto tedesco sembra dare nuova linfa a Paolo Ferrero e alla sua idea di creare una federazione di forze, autonoma e indipendente dal Pd. Anche perché – sentenzia il segretario del Prc – “non sarò mai la costola del partito democratico”.
Sembra contento del fallimento della Spd.
Il logoramento e la frattura con la propria base socio – culturale, provocati inequivocabilmente da una stagione di subalternità alle politiche neoliberiste e di compromesso moderato sul piano sociale e civile l’hanno condotta verso un tracollo senza precedenti. Ciò significa il fallimento del progetto a lungo perseguito dalla sinistra moderata in gran parte d’Europa. Nel frattempo…
Nel frattempo?
Bisogna proseguire nella costruzione di una sinistra critica e di trasformazione che, in concorrenza reale e concreta con quella moderata, si dimostri capace di lanciare dal basso una moderna ed efficace sfida di alternativa, democratica e partecipata al dominio del neoliberismo. Il voto tedesco, ma anche quello portoghese, ci dicono questo.
In Italia però la situazione è completamente diversa, la sinistra radicale è quasi scomparsa. Come se lo spiega?
Il successo di Lafontaine è dovuto allo stesso motivo per cui è fallito il governo Prodi.
Si spieghi meglio.
I tempi sono sfalsati rispetto alla Germania. Nel 2000 anche Rifondazione era un partito in crescita. Ora, invece, paghiamo lo scotto di aver partecipato al governo Prodi. Nel 2008 la Sinistra Arcobaleno ha ottenuto la sconfitta più clamorosa perché gli elettori ci hanno fatto pagare una politica di mediazione su temi come l’Afghanistan. Quelle scelte ci hanno portato al disastro.
La Federazione potrebbe risollevare le vostre sorti?
L’obiettivo è di costruire uno spazio di sinistra, pubblico, anticapitalista e completamente autonomo dal Pd. Non metto paletti a nessuno, nemmeno a Sinistra e Libertà. Certo, nella Federazione non ci deve essere pentitismo rispetto alla nostra storia: comunismo, socialismo, movimento operaio, siamo questo.
In Germania c’è un sistema elettorale che ha permesso lo sviluppo del Linke e dei Verdi. In Italia non le sembra difficile?
Il bipolarismo avvantaggia solo Berlusconi, ha la maggioranza in parlamento pur essendo minoranza nel paese; oltretutto con la lista bloccata si sceglie pure i singoli parlamentari fedeli. E’ un sistema pessimo ideato da Occhetto e peggiorato dal centro-destra con il porcellum. Serve una brevissima legislatura di garanzia costituzionale su due punti: la riforma elettorale proporzionale e la legge sul conflitto di interessi. Bastano tre mesi e per far questo sono disposto ad allearmi anche con il diavolo.
Ovvero con l’Udc di Cuffaro?
Se c’è un problema di democrazia si fa un alleanza per ripristinare le regole democratiche e poi si vota. Ipotizzare invece un governo che va da Rifondazione all’Udc è imbarazzante. Siamo troppo diversi. E poi sarebbe un esecutivo più a destra di quello di Prodi. Invece sono interessato a sconfiggere Berlusconi.
In questa prospettiva chi tifa alle Primarie del Pd?
Il trionfo di Bersani sarebbe un fatto positivo nella sfera politico-istituzionale. Non è bipartitico, è per il proporzionale ed è più attento all’articolazione. Con lui si potrebbe uscire finalmente dalla seconda Repubblica. Sugli altri temi, in realtà, non vedo grosse differenze tra Bersani e Franceschini.
In attesa della legislatura di garanzia costituzionale, l’hanno prossimo si vota con questo sistema elettorale. Non farete nessun accordo con il Pd?
A oggi non c’è nessuna possibilità di governare insieme a livello nazionale. A livello locale le cose cambiano. Lì bisogna verificare nel concreto: ovvia la nostra partecipazione a coalizioni che si schierano apertamente a favore delle fasce deboli. Altrimenti non abbiamo paura di andare soli.