mercoledì 1 luglio 2009

IL DECRETO SICUREZZA COME LE LEGGI RAZZIALI DEL 1938 E LE RONDE COME LA MILIZIA VOLONTARIA DEGLI ANNI 20

Sul cosiddetto decreto sicurezza, condivido l'opinione di chi ritiene che questa nuova legge accrescerà la situazione di precarietà sociale e peggiorerà le condizioni di vita di chi è già debole e sfruttato. L'introduzione del reato di clandestinità e la possibilità di organizzare le ronde di volontari in città mi vedono assolutamente e totalmente contrario.Si tratta di un provvedimento che contrasta con i più basilari principi umanitari di accoglienza e aiuto verso chi soffre e che arrecherà danno a chi si trova già in condizioni di vita disperate. La somiglianza con i provvedimenti in difesa della razza e le conseguenti leggi razziali che il regime nazifascista ha adottato contro gli ebrei nel 1938 è impressionante. Anzi, alcuni provvedimenti sono addirittura più discriminatori. Primo fra tutti, il fatto che una donna, alla quale manca il permesso di soggiorno, se partorisce un bambino non lo può né riconoscere né tantomeno registrare all'anagrafe. Cosa ha a che fare un simile provvedimento con la sicurezza dei cittadini?Anche le ronde sembrano create sulle stesse idee che avevano dato vita alla milizia volontaria degli anni '20. Non è un caso, dunque, che contro tale provvedimento, per le sua natura profondamente discriminatoria e razzista, si siano schierati numerosi esponenti del modo cattolico, da monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti, a don Luigi Ciotti e padre Alex Zanotelli, ma anche tantissimi esponenti della cultura, da Andrea Camilleri a Moni Ovadia, da Dacia Maraini ad Antonio Tabucchi e un ente morale come l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.Il provvedimento sulla sicurezza testimonia un imbarbarimento sociale che cancella lo stesso concetto di convivenza comune e pacifica. È per questi motivi che condivido l'appello lanciato nella nostra regione dall'ANPI affinché i Comuni si oppongano all'istituzione e alla presenza delle ronde nei propri territori. Le Marche hanno una tradizione di accoglienza e, così come dimostrano i dati, una percentuale pressoché totale di integrazione sociale degli immigrati che vi vivono. Questa è la strada che abbiamo percorso sino ad oggi e che vogliamo continuare a seguire. Dietro il fenomeno dell'immigrazione c'è quasi sempre il dramma di persone che fuggono dalla miseria, dall'oppressione, dalle guerre. Come ha dichiarato don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, questa è una legge che ci porta indietro nel tempo e invece di far progredire questo Paese verso l'integrazione e la condivisione di valori, lo richiude su se stesso. E' un errore che la politica non può permettersi di fare se vogliamo essere un Paese che guarda al futuro.
Marco Amagliani
Assessore ai Servizi sociali e Immigrazione della Regione Marche

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