mercoledì 30 settembre 2009

Lo scudo della vergogna passa grazie a Pd e Udc

Contro lo scudo fiscale, lo scudo della vergogna, il Pd fa ostruzionismo per 4 ore e 32 minuti ma manca clamorosamente, nel pomeriggio, il colpo del ko. Al voto sulla pregiudiziale di costituzionalità al decreto anti-crisi che contiene lo scudo fiscale, l'opposizione si presenta a ranghi troppo sguarniti. 59 i deputati assenti del Pd (il 27.3%, più di un eletto su quattro), 8 dell'Udc (21,6%), 2 dell'Idv (7,7%). Così la pregiudiziale viene agevolmente respinta dalla maggioranza: 267 no, solo 215 i sì, 3 gli astenuti. Sulla carta Pd, Idv e Udc hanno 280 deputati. Non c'erano. Assenze pesanti di numero e di nome. Dei «big» hanno sostenuto il sì all'incostituzionalità dello scudo solo Pier Casini(Udc), Antonio Di Pietro (Idv) e Piero Fassino (Pd). Assenti entrambi i candidati democratici alla segreteria eletti alla camera (Marino è senatore), che per tutto il giorno hanno battibeccato tra loro sul congresso (vedi pagina a fianco). Pierluigi Bersani festeggiava il suo compleanno. Mentre Dario Franceschini era a Caorso per un'iniziativa contro il nucleare. In aula non c'era ma non ha mancato di tuonare a distanza contro lo scudo fiscale: «E' un condono, uno schiaffo a tutti gli italiani onesti che pagano le tasse e che vedono chi ha truffato la legge venire premiato senza conseguenze penali. È una vergogna». Ma non sono i soli a non aver votato contro lo scudo. Non c'erano D'Alema e Fioroni. Assenti tanto l'ex operaio Thyssen Boccuzzi quanto l'ex Confindustria Calearo o l'ambientalista Realacci. Spariti gli ex ministri Damiano, D'Antoni, Pollastrini, Turco, Bindi. Assenze «fisiologiche», commentano al gruppo del Pd, rimarcando invece il valore dell'ostruzionismo.Quattro ore dopo il governo, dopo un po' di buriana sugli emendamenti, mette la questione di fiducia. Per Berlusconi è la 25sima in 17 mesi. Il decreto diventerà legge e la palla passerà al Quirinale. Sulla scrivania di Napolitano arriva un provvedimento che ha dell'incredibile. In nessun paese del mondo la sanzione per il rientro dei capitali all'estero è solo del 5%. Negli Usa, per dire, la tassa è del 49%, a Londra il 44%, in Francia addirittura del 100%. In nessun paese del mondo lo stato garantisce l'anonimato agli evasori, persone o società. In nessun paese del mondo c'è il condono tombale per falso in bilancio, false fatture etc. Le maglie sono state perfino allargate. Si può portare a casa di tutto: soldi e quote societarie ma anche yacht, quadri, gioielli e ville nascosti nei paradisi fiscali.Le banche italiane insomma incasseranno tanto, prenderanno la loro percentuale e saranno mute come banche svizzere, non segnaleranno nulla a nessuno, se non in caso di terrorismo. E' un affare che vale, secondo l'Associazione italiana dei private bankers citata dall'agenzia delle entrate, quasi 300 miliardi di euro. A tanto ammonterebbero i risparmi degli italiani all'estero (vedi box in alto). Non manca la beffa: «E' l'ultima opportunità per mettersi in regola», assicurano dalla guardia di finanza. Eppure Tremonti ci prova per la terza volta. Con gli scudi fiscali del 2001 e del 2003 sono emersi 73,1 miliardi. E lo stato ha incassato solo 2,1 miliardi di euro. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti è cauto sul gettito del suo scudo 3.0. Ma si difende: «Non credo che la criminalità si servirà di questo strumento». Obiettivo dichiarato del condono stavolta sono le imprese del Nord. Non a caso la Lega è entusiasta. Domani Tremonti sarà a Goteborg per l'Ecofin, la riunione dei ministri europei dell'Economia. Fino a qualche tempo fa era candidato a «Mr. Euro» dopo il lussemburghese Juncker. Ma i tempi cambiano. Francia e Germania premono sui paradisi fiscali (contro Regno unito e Benelux). Il condono tombale sui soldi sporchi non è il miglior biglietto da visita per una nomina così qualificata. Non a caso, è Mario Draghi il nome che conta nella finanza internazionale. Anche il governatore di Bankitalia sarà a Goteborg. Non è escluso che possa tornare a esternare i suoi dubbi, come già fece a luglio, sulle norme del governo.
di Matteo Bartocci
su il manifesto del 30/09/2009

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